SPECIAL PRICE STORE
Francesco Cusa - Official Website - MIa recensione di:"Vita di Pi" di Ang Lee (9)

MIa recensione di:"Vita di Pi" di Ang Lee (9)

2012-12-27

Lasciate perdere le critiche sterili, che parlano di film che vuole piacere al pubblico, e andate a vedere questo bellissimo ultimo lavoro di Ang Lee: "Vita di Pi". Sono due ore di pura meraviglia, che fanno il paio con quelle dell'altrettanto straordinario "Lo Hobbit", da vedere nelle apposite sale attrezzate con tecnologia 3D HFR. Spettacolo degli occhi e dell'anima: stupore, meraviglia, bocche aperte.
Favole, che di questo stiamo parlando, quindi la smettessero di rompere le scatole - i tromboni - con parallelismi e riferimenti del tutto fuorvianti rispetto alle tematiche e al contesto. La cosa che davvero irrita è la denuncia di "crisi di identità" per siffatte opere, come se per narrare di Cappuccetto Rosso fosse necessario ricorrere allo scandaglio psicologico dei personaggi: davvero patetico. Il riferimento più prossimo che mi viene in mente per questo "Vita di Pi" è ovviamente "Cast Away" di Zemeckis; al pallone "Wilson" fa da contraltare la sontuosa tigre del Bengala chiamata "Richard Parker" (esilarante anche conoscere il perché). Ma qui non si parla tanto di solitudine e disperazione, quanto piuttosto di magia e di rapporto col divino. Non amo evocare trame e dunque non lo farò neanche in questa occasione.
La storia è a dir poco toccante, a tratti emozionante come poche. Il rapporto uomo-natura viene qui sublimato nella continua catarsi di Pi, anche di fronte alla violenza bestiale dell'animale e della condizione estrema: un ragazzo e una tigre su una scialuppa in mezzo all'oceano.
Non ho letto il libro di Yann Martel da cui è tratto il film, ma pare che Ang Lee sia stato davvero un folle a cimentarsi nella realizzazione di questa storia: ed i risultati sono a dir poco eccellenti. Regista eterogeneo, versatile e intelligente: correte in sala per vedere una delle storie più belle; Cinema con la C maiuscola, come ai vecchi tempi delle avventure di Sinbad.

Francesco Cusa