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Francesco Cusa - Official Website - Mia recensione de "Il Sospetto" di Thomas Vinterberg (voto 10)

Mia recensione de "Il Sospetto" di Thomas Vinterberg (voto 10)

2012-12-05


Vinterberg colpisce ancora e dopo "Festen" ci regala questo agghiacciante e sublime "Jagten" (La Caccia).

Madds Mikkelsen fornisce una prova che definire straordinaria è dir poco. E' un film che paralizza: sguardi, espressioni del volto, silenzi costituiscono il mosaico di un geroglifico che si disvela con cadenze inesorabili. Ogni dettaglio - dalla fotografia, agli scarni ma densi dialoghi - è netto, prezioso, ineluttabile. Tutto ciò senza mai un attimo di noia, né una sbavatura.

La trama narra di un'accusa infondata di pedofilia nei confronti di un uomo divorziato ma perfettamente inserito nel contesto comunitario della provincia danese. I temi in gioco sono quelli della pedofilia, dell'innocenza e della psicosi collettiva. Questi si installano seccamente nello scenario vissuto dallo spettatore con una spietatezza amplificata dalle ritualità di una società al contempo aperta e tradizionalista. Lucas dapprima pare assorbire le infamie accusatorie in maniera passiva, poi pian piano comincia a lottare in maniera prometeica e prende a sfidare il Contesto di petto, rinunciando a sottomettersi alle regole di una comunità presto fattasi orda carica di violenza. Le scene al supermercato e quelle in chiesa alla vigilia di Natale rasentano il delirio emotivo.

Siamo al contempo sideralmente distanti e maledettamente adiacenti a film come "Il Nastro Bianco". Lucas diventa il capro espiatorio di un sotterraneo perturbamento collettivo, tipico delle società opulente, di una sorda e carsica carica d'odio tenuta a freno dai minuetti della convenzioni borghesi, ma pronta a straripare alla minima deroga, al primo segnale di devianza. Il personaggio bascula tra il deliquio di un Raskolnicov e la veemenza di un Karamazov nell'eterno dilemma della colpa, reale o supposta, tra incubo e ragione, in un andirivieni senza stasi.

Tuttavia il tema del Perdono in Vinterberg viene a polverizzarsi non essendo neanche contemplato. Lucas viene riaccolto nella comunità grazie al suo atto catartico: impone con le stimmate e la sofferenza la sua innocenza, guardando dritto negli occhi i suoi amici, incenerendo con le virtù del santo furente ogni residuo di sospetto. Tuttavia, è forse nella presunta innocenza di infanti e adolescenti che si nasconde il seme dell'odio, pura e crudele spietatezza senza logica, come testimoniato dallo sparo finale.

Registi come Friedkin, Haneke, Von Trier e Vinterberg hanno una straordinaria dote: quella di elevarsi al di sopra di ogni morale contingente e di ficcare due dita nelle palle degli occhi dello spettatore; senza ritegno. In qualità di cavie - pur sempre un privilegio - annaspiamo e triboliamo alla ricerca di vie di fuga e certezze che non possono (fortunatamente) esserci. Compito degno di un artista è quello di non farci abbassare il capo di fronte all'Orrore e ad i suoi sconcertanti giochi di specchi, di tenerci ben svegli e desti, anche a ceffoni se è il caso.

Grazie Thomas per avermi ricordato quanto fa male una manata sui denti.