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Francesco Cusa - Official Website - Recensione di “The Neon Demon” di Nicolas Winding Refe (8)

Recensione di “The Neon Demon” di Nicolas Winding Refe (8)

2016-06-20

“The Neon Demon” è il frutto del lungo tirocinio del regista come autore delle réclame per i maggiori stilisti del mondo della moda, esperienza che deve evidentemente aver lasciato dei solchi profondi nella sua psiche. A sentire quel che afferma il creatore della trilogia di “Pusher” e di “Drive”, staremmo di fronte a un lavoro che punta a rompere il tabù del narcisismo e dunque rivolto alle nuove generazioni, spesso vittime del molesto contrasto tra modelli educativi familiari basati sull’accettazione del sé e mercificazione del corpo come unica prospettiva di affermazione sociale. Ovviamente tale chiave di lettura ci lascia alquanto interdetti.
Se è pur vero che siamo di fronte ad una critica di modelli e microcosmi della contemporaneità, di contro, appare altrettanto evidente che gli inferi evocati da Refn non sono una mera parodia del post-moderno. I segni del demonio si evidenziano più che nei sabba e nella Wicca griffata delle streghe-modelle, nelle siderali danze del vuoto, dello spazio elettrico in cui si muovono i personaggi. Elettricità che sappiamo ben essere elemento evocativo o di annunzio di entità della “Loggia Nera” per un altro grande maestro del cinema del sovraumano come David Lynch. Solo che qui tale elettricità da neon, tale vibrazione aliena, pare piuttosto nutrirsi e pascersi di corpi e fascinazione in maniera vampiresca. Il demone si nutre di bellezza, è innamorato della purezza delle fattezze della ninfa acquorea, ne brama le delizie, ne concupisce le grazie, egli, che per converso è femmina incarnata che deve all’artificio, alla chirurgia plastica ogni antidoto alla caducità.

In questo senso Refn si pone agli antipodi rispetto al “mondo spirituale” lynchiano, viceversa popolato di esseri umani alla ricerca di un percorso salvifico, dantesco, da intraprendere in compagnia di guide e angeli, o comunque alla ricerca di una loro intercessione o mediazione (“Twin Peaks” è il paradigma). “The Neon Demon” è il regno incontrastato di Satana nella sua materializzazione terrena, oseremmo dire quasi mefistofelica, e le potenze del femminino sono in disperata ricerca di amore, di naturalezza, di energia vitale, ovvero di merce assai rara e preziosa per il mondo edulcorato delle passerelle. Il demone è vampiresco nella seduzione lesbica, e sfoga con la necrofilia la frustrazione della negazione di un amore disperatamente terreno e romantico, wherteriano. Cosi, non può darsi disperazione d’amore e il conseguente suicidio, semmai, è delegato alla simulazione della Bella, ritta e oscillante sul trampolino di una piscina vuota, per un tempo preda dalla fascinazione del maligno. Al demone non resta che lo scempio, la deframmentazione del corpo, deframmentazione che, da un punto di vista estetico, diviene emblema di certa dislessia del cinema, dell’afasia rappresentativa che il regista danese consegna alla gogna della sala.

Ecco perché il film appare senza un divenire, cronologicamente sballato, mozzato in tranci come il corpo della giovane modella. Perché a differenza che nel cinema di Lynch, ove le increspature della spazio temporalità sono irruzione del sovraumano nella prima sephirot, del “Kairos” sulla linea del percepito, in “The Neon Demon” il tempo viene fagocitato da Crono, cannibalizzato asetticamente dalle fiere e ricucito in fretta, per evitare l’osceno dello sbraco. E cos’è, alla fin fine, e per tornare all’incipit, tutto questo se non un omaggio al cinema di Dario Argento, forse anche proprio a ciò che di demenziale rimane dell’opera del maestro romano e delle sue ultime scalcagnate produzioni?
Non è forse l’ebetismo a liberare il male nella sua più pura essenza?


The Neon Demon (Danimarca 2016)
di Nicolas Winding Refn
con Elle Fanning, Karl Glusman, Jena Malone, Bella Heathcote, Abbey Lee
Il Grandangolo No! Voto : 8