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Francesco Cusa - Official Website - Recensione di “Batman V Superman – Dawn of Justice” di Zack Snyder (8,5)

Recensione di “Batman V Superman – Dawn of Justice” di Zack Snyder (8,5)

2016-04-08

“Batman V Superman – Dawn of Justice” di Zack Snyder
Zack Snyder sa fare del grande cinema e il suo “Batman V Superman – Dawn of Justice” è un film gigantesco, ammantato di un’aura di tragicità che par tracimare dal confine dei fatti narrati. Si ha sempre la sensazione di essere partecipi d’altro rispetto alle vicende dei due supereroi targati DC Comics, che questo “orizzonte degli eventi descritti” possa essere semplicemente una buona occasione per veicolare sentimenti e inquietudini provenienti da un universo intimo e surreale. Tali atmosfere gotiche e disturbate, mi hanno ricordato quelle del “Batman di “The Dark Knight” diretto da Nolan.
Il film si incentra sull’eterno dilemma del conflitto tra uomini e dei, tra razionale e sovrannaturale, tra tecnologico e spirituale, dicotomie ben incarnate dal Batman-Uomo che si confronta con il Superman-Dio.
Il topos dell’equivoco, il gioco del fraintendimenti che genera la sfida, rimanda forse al mistero della relazione tra Mondo e Oltremondo, alla danza di Siva che genera “l’equivoco dell’esistenza”, l’inganno della sensorialità. Superman è il semi-dio col tallone di Achille, fragile nella misura in cui un elemento proveniente da Kripton può inibire l’unicità del suo “dono” (tale quantomeno appare all’ordinario umano il suo “straordinario” che viceversa è poi la “normalità”in Kripton: è sempre un dannatissimo problema di contesti, insomma).
“Kal-El” Superman è infatti perfettamente umano nelle sembianze e il suo volto è quello del giornalista Clark Kent, mentre Bruce Wayne necessita di un totale mascheramento e di una distorsione della voce per non essere identificato. Stranamente nessuno riconosce o identifica il giornalista: la discriminante è rappresentata dagli occhiali, da questo oggetto feticistico che simula un difetto della vista per meticciare, depistare gli umani dal riconoscere Superman. Ed è singolare che a tal fine venga simulato il “difetto” di uno degli organi sensoriali viceversa più potenti: basti pensare al raggio disintegratore che Kal-El può scatenare dagli occhi. In definitiva, l’umano non riconosce (non può riconoscere) Dio; siamo al camuffamento della divinità che assume le sembianze umane per godere dei piaceri terreni, a Giove che si trasforma in Anfitrione per godere delle grazie di Alcmena.
Il film è interamente pervaso da questa ossessione per l’elemento “altro” (la pietra-feticcio, la kriptonite, sotto forma di arma venefica, lancia ecc.), e nella sua prima ora mostra un livello davvero intricato del racconto, con repentini cambi di scena, inserti e rimandi che chiamano lo spettatore ad un notevole sforzo di attenzione. Il regista di “Watchmen” mostra da un lato un Batman davvero oscuro (quanto avrei preferito Christian Bale al paffutello Ben Affleck!), che è fallibile nella sua rabbia in quanto umano e a dispetto del mascheramento, a dall’altro il Superman che si umanizza tramite gli affetti (la fidanzata, la madre, il padre). Il processo è in qualche modo invertito: Batman si traveste per nascondere la sua natura caduca, Superman mostra il volto umano per negare la sua natura divina. Ricordiamo, per inciso, che gli abitanti di Kripton raggiunsero l’immortalità grazie al trasferimento mentale su cloni e che tale processo aveva finito col determinare una collettività progressivamente priva di passioni e sentimenti, fredda, gestita da droidi e intelligenze artificiali. Una specie che finì per riprodursi con l’inseminazione artificiale produce una sorta di “Cristo” che si immola per la salvezza degli uomini.
Notevoli gli effetti speciali che si scatenano nella seconda parte, sempre funzionali e prossimi alla narrazione, mai fini a se stessi. Un film da non perdere.
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