SPECIAL PRICE STORE
Francesco Cusa - Official Website - La mia recensione di “Bella e perduta” di Pietro Marcello (9)

La mia recensione di “Bella e perduta” di Pietro Marcello (9)

2015-11-25

Il cinema italiano rivela nel suo sottobosco preziose gemme. “Bella e perduta” di Pietro Marcello è una di queste. Un film pervaso da una teogonia panteistico-naturalista, bucolico, pasoliniano nella forma, ma fortemente visionario nei contenuti.
“I sogni e le fiabe anche se irreali devono raccontare la verità”, fa dire Pietro Marcello al bufalotto Sarchiapone, animale eletto cui viene concessa salvezza dalla macellazione per tramite di Pulcinella, maschera che ha il compito di mettere in relazione i morti coi vivi (il riferimento al Sarchiapone mitico, all’animale immaginario della tradizione partenopea e, volendo, anche al noto sketch di Chiari e Campanini, non può essere casuale). Intercede la “santità” di Tommaso Cestrone, il pastore campano che per molti anni ebbe a cura la reggia borbonica di Carditello, abbandonata alle ingiurie del tempo e del vandalismo e ora diventata una sorta di simbolo, di chiesa dopo la sua improvvisa morte.
E’ la cronaca che va vaporizzandosi nel mito, l’arte che sublima le ragioni dell’immediato allo sfiorire delle emozioni, al distillarsi del tempo sotto differenti prospettive e visioni. E i fatti “scompaiono” nella fiaba, e i vinti si fanno latori del divino, brillando d’una luce propria, aliena, sovrumana. Pulcinella, messo degli Dei, a sua volta impenetrabili entità dogmatiche da cui affrancarsi, abbandona la maschera e genera analmente il suo “doppelganger”, l’ “uomo bucolico” che ritrova la “libertà” nella simbiosi con la natura e gli animali. Il prezzo da pagare è però molto alto: il suo affrancamento condanna a morte Sarchiapone, giacché senza maschera, Pulcinella non può più udire la voce dell’animale. E qui si fa prometeica la visione del bufalo – “Addio mio caro amico. Amare la vita è quello che davvero conta. Malgrado tutto sono orgoglioso di essere un bufalo. Essere un bufalo è un arte”; la parola, il logos, sono simbolicamente deposti quale veicoli di comunicazione tra gli esseri e, in definitiva, non sono che strumenti imperfetti: parlano gli occhi di Sarchiapone più di ogni altra speculazione possibile. Centrale, nella visione panteistica di Marcello, rimane l’universalità del concetto di anima, lemma che non a caso lega la sua radice a quella di “animale”. Sarchiapone va incontro alla morte facendosi beffe dell’assurda visione antropocentrica della vita (delle vite), e lotta relativamente prima di decidersi a superare le barriere che lo destineranno alla macellazione. La mirabile sequenza finale che la poetica del regista ci restituisce in chiave di tragica e canzonatoria danza della tauromachia, è agonia nella sacralità del passaggio e della trasformazione.
Ai cultori di certa simbologia non saranno sfuggiti i riferimenti ai due alberi: della vita e della morte. Opera da vedere assolutamente col corpo e con l’anima.

- See more at: http://www.lapisnet.it/il-magazine/bella-e-perduta-di-pietro-marcello/#sthash.hlXFY02m.dpuf