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Francesco Cusa - Official Website - "Santa Claus fuck yeah!", mio articolo per Cultura Commestibile

"Santa Claus fuck yeah!", mio articolo per Cultura Commestibile

2014-12-21

Santa Claus fuck yeah!

Le renne sbavano. Insozzano la mia giacca rossa di liquido giallo. Nessuno ve lo viene a raccontare che le renne sbavano e scatarrano. Non di certo a Natale. Frusto le bestie a sangue per cieli dannatamente stellati, mi fiondo giù in picchiata con tutta la slitta verso quei comignoli che sbuffano le miserabili esalazioni e gli umori domestici del sottoproletariato. Queste discese ripide sono un vero e proprio attentato alla mia sinusite, così come le folate gelide che spaccano guance e zigomi, capillarmente. Sono patetico con tutti questi cristalli di gelo sulla barba, e francamente mi sono rotto i coglioni di prendere in faccia spruzzate di merda e di piscio di renna. Vivo un letargo costante, beato, con l’intermezzo disgraziato di questa celebrazione disumana, nell’impazzimento della specie che anela alla festa. Mi risveglio con tutti i muscoli dolenti, le mascelle bloccate, una sete senza nome, assordato dall’urlo molesto dei pargoli, angosciato dalle ansie di questi marmocchi che aspettano con trepidazione il regalo. Li sento dentro di me. Neanche un caffè. Occorre ridestare le bestie e partire con la schiena spezzata, l’ernia iatale, la panza che deborda e la diverticolite acuta che brucia il mio colon. Vai dal medico, vai dal medico. E come ci vado dal medico conciato così? Mica possono ricoverarmi. C’è tuttavia quell’attimo, quel frangente in cui si parte, il distacco dalla terra, la vertigine, il fremito mio e delle bestie quando ci lanciamo nel vuo che ancora mi emoziona. Diciamocelo pure: un tempo fare ‘sto mestiere poteva anche avere il suo fascino. Un regalo era davvero prezioso. Ma adesso è passata la voglia. Decine di pacchi per moccioso, uno spreco indicibile, il consumismo sfrenato. Epoca degenerata, senza nerbo. Mi si scambia per lo zio. Mi si scambia per il papà o per il nonno. Come conciliare questo disagio con la magia del Natale, il colesterolo nelle arterie con l’albero e il presepe? Molti ragazzi li ho visti crescere. Alcune bambine adesso sono oramai nonne, tutte tirate che paiono mummie egizie. E io continuo a lavorare, casa per casa: Morlacchi, Rovelli, Cencelli, Borotti, Salviotti, Contini, Marano, Silvestri, Rivatti, Beghelli…zona fichetta. Pure un Rolex devo consegnare a un moccioso di sette anni. Non ce la faccio. Parcheggio le bestie che ansimano pure loro, porelle. Non lo posso fare più ‘sto mestiere. Qua, sulla strada gelida, tutto sembra avvolto da una sideralità concettuale. Sembra il proscenio d’un Natale acconciato da un burattinaio maldestro. Non ce la faccio più, vivo la mia reale agnizione: sono davvero Babbo Natale. Io. B-a-b-b-o-N-a-t-a-l-e.

- Signore è lei Babbo Natale?
- No, ragazzino, sono lo zio travestito, torna pure a letto.
- Ma lo zio non è ciccione…e quelle…sono renne giganti!
- Stai solo sognando piccolo, torna a dormire che prendi freddo.
- Ma lei è tutto sporco di spruzzi di cacca.
- …
- Lei, signor Natale, fa proprio puzza, sa?
- …
- Mi ha portato il regalo?
- Prima dimmi se la mamma è in casa.
- Sì, certo.
- E il papà?
- Papà è andato via. Sono divorziati. Ih, ih.
- E dimmi, la mamma è bella? E dimmi la mamma è bona?
- Bella? Bellissima! A scuola si girano tutti quanti ogni volta che passa.
- Allora ho un regalo bellissimo per te, anzi, tanti regali, quanti ne vuoi. Apri la porta ragazzino, su, fai in fretta che qui fuori si gela.
- Ma lei non passa dai comignoli?
- Sì ma non c’ho voglia adesso, apri che mi hai già rotto.


Consegno venti pacchi al ragazzino, lo ipnotizzo e lo mando a dormire per direttissima. Mi fiondo
nella stanza da letto dove un’amazzone in vestaglia giace sprofondata fra le braccia di Morfeo. La
penetro dopo averla sottoposta ad un incantamento minore, e ritorno alla goduria dei sensi, alla
droga corroborante che dovrei evitare come i cibi piccanti. La mia pancia sbatte, sbatte, sbatte e il
sangue riprende a pulsare dopo secoli, un fiume rosso che inonda a fiotti i canali prosciugati e non
solcati da tempo immemorabile. Le mie gote avvampano di calore e si accendono come palle di
Natale nella notte. Ogni poro della pelle è dilatato, si allargano i polmoni mentre precipito
nell’orgasmo di Babbo Natale. Lascio mamma e marmocchio belli che addormentati e stringo bene
le redini della slitta. La mia stretta è quella vigorosa d’un tempo. Una pacca al culo delle bestie e si
riparte. Sono Babbo Natale, e vado a finire il mio porco lavoro.