SPECIAL PRICE STORE
Francesco Cusa - Official Website - Elio Gimbo mi ha regalato una delle più dotte e penetranti esegesi del mio libro "Racconti Molesti".

Elio Gimbo mi ha regalato una delle più dotte e penetranti esegesi del mio libro "Racconti Molesti". - il:2017-10-02

Elio Gimbo mi ha regalato una delle più dotte e penetranti esegesi del mio libro "Racconti Molesti". Grazie di cuore per questa meraviglia. - ESEGESI DE “RACCONTI MOLESTI” DI FRANCESCO CUSA:
Più la sua vita è infame, più l'uomo ce l'ha a cuore; essa diventa allora una protesta, ogni suo istante una vendetta.
A questa semplice e rivoluzionaria frase di Honoré de Balzac sembrano ispirarsi i personaggi di “Racconti molesti” di Francesco Cusa; essi sembrano cercare una libertà “maledetta”.
D'altronde il tema della libertà il Cusa scrittore lo pone prima di tutto a se stesso fin dalla premessa della raccolta: Questa idea dello stile, dell'omogeneità della narrazione, come se la vita fosse poi quest'ordine...Questa storia della coerenza stilistica...mi indispone oltre misura...
Libertà stilistica da porre fin da subito come un guanto di sfida al lettore ma che risuona come una preghiera interiore dello scrittore a se stesso per proteggersi dal conformismo e dalla convenzionalità minacciosa del mainstream contemporaneo; è anche la stessa sfida interiore che James Joyce si diede all'alba del '900 con la stesura del suo “Ulisse”; 18 capitoli con 18 tecniche, stili, linguaggi diverse, una Summa storiografica delle variazioni nel corso del tempo della lingua e della letteratura inglese; ma non sono gli esiti del progetto che avvicinano Francesco a Joyce, bensì la sua illimitata fiducia nel potere del linguaggio e della letteratura, con le parole niente è incomunicabile o indescrivibile, è ciò che si pensa leggendo il primo dei racconti: “Dio”.
Tutta la prima parte della raccolta gode di questo eclettismo in cui Francesco eccelle facendo onore alle origini della propria biografia intellettuale: il DAMS di Bologna anni '80, uno dei migliori cuori pulsanti della cultura italiana recente.
La prima parte - molto legata alle atmosfere del precedente “Novelle crudeli” - ci regala racconti molto gratificanti alla lettura per il dosaggio di fantasia, lirismo, ritmo; si passa da “Il Mostro” - dove un vecchio guarda all'orizzonte l'approssimarsi della fine del proprio tempo sulla terra facendolo coincidere con l' orizzonte degli eventi dell'uomo – a “Roulette russa” dove, con una variabilità espressiva che comprende persino il carattere tipografico, abbiamo un narratore ed un ascoltatore legati da un reciproco tormento tutto insito nell'oggetto della storia narrata, e che rispecchia, rovesciati, i rispettivi ruoli sociali di cliente e barista; in “In compagnia di Plick” c'è un uomo, Pontormo, nome di un celebre pittore manierista toscano, reagisce ai terribili lutti familiari che lo devastano addomesticando nella casa ormai vuota un ragno, Plick, la cui morte, accolta con fatalismo dal protagonista, sembra dirci come la libertà pura coincida inevitabilmente con la solitudine ma come questa inesorabilmente finisca per impoverirci; in “I tre Santi del binario” i protagonisti sono invece tre barboni in una stazione ferroviaria trasfigurati in tre profeti veterotestamentari.
In questa prima sezione Francesco sembra inseguire le infinite metamorfosi della realtà ordinaria in “sacro”, ossia in ciò che nella sensibilità dell'artista risulta “separato”.
La raccolta prosegue poi con altre sezioni più apparentemente biografiche in cui i racconti si occupano di ironici confronti fra l'io interiore del narrante e aspetti bizzarri del reale legati soprattutto alle relazioni sociali, gli esiti sono spesso spassosi e alludono ad un'evoluzione visibile della scrittura di Francesco, ad un allargamento ulteriore dei propri orizzonti verso un intimismo contagioso; questa evoluzione appare più chiara nell'ultima sezione, “I tanti volti di Ingrid”, qui l'autore sembra virare decisamente verso una prossima futuribile sua forma-romanzo, i toni apocalittici e l'uso della fantascienza richiamano l'oniricità straziante del Michel Houellebecq de “Le possibilità di un isola”.
Ma come ci riguardano personalmente i personaggi di Cusa? Come ci appartengono, cosa dicono a noi di noi stessi?
Le loro, come le nostre, sono vite illegali percorse da una rivolta carsica che per paura ci rifiutiamo di comprendere e guardare in faccia. Ci riguardano perché essi al pari di noi definiscono una nuova categoria sociologica tornata al mondo in questa fase drammatica e convulsa del capitalismo ormai alle prese con un'agonia senza fine.
Come i personaggi di Cusa, siamo tutti alle prese, spettatori o protagonisti, con uno spaventoso processo di mobilità sociale in discesa, investiamo in formazione, in cultura, in promozione sociale di noi stessi ma non abbiamo una scena su cui esercitare e far valere ciò che sappiamo; siamo “troppo ricchi per rinunciare alle nostre aspirazioni ma troppo poveri per poterle realizzare”.
Come noi i personaggi di Cusa si chiedono: ora che siamo ciò che siamo, come possiamo essere altro da ciò che siamo?
In queste vite illegali vige un principio che paradossalmente è dell'aristocrazia: di soldi non si parla mai! Dalla capacità di farne a meno si misura il nostro status, siamo condannati ad una povertà circondata da abbondanza di merci.
Questi argomenti non sono certo in modo diretto quelli dei personaggi della raccolta ma costituiscono il brodo di coltura in cui sono immersi, del resto sappiamo dal Marx de “L'ideologia tedesca” come: ...la produzione di idee, delle rappresentazioni artistiche, è intrecciata all'attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini...le rappresentazioni, i pensieri, lo scambio spirituale degli uomini appaiono come emanazione diretta del loro comportamento materiale...
E forse ciò che lega Cusa ai suoi personaggi non è troppo distante da ciò che lega il Duca Jean Des Esseintes, protagonista di Au rebour di K. Huysmans, al giovane povero Auguste Langlois: nel romanzo il Duca accompagna regolarmente il giovane sottoproletario, povero in canna, nel più costoso bordello parigino pagandogli raffinatezze lussuriose che il ragazzo mai avrebbe immaginato, alla domanda della maitresse Madame Laura sui reali motivi di tanta munificenza, la risposta del Duca sarà un perfetto progetto di rivolta: "sto semplicemente costruendo un assassino".
Elio Gimbo